Il mio paese si chiama
Nocera Terinese, un ridente borgo situato tra il verde delle colline che
dolcemente degradano dal Monte Mancuso verso il Mar Tirreno, a 250 metri di altitudine.
È collocato tra due fiumi, il Rivale e il Grande. Sono nato qui nel lontano
1949 e vi racconterò ciò che so e che ancora rammento.
Era un paese di contadini, dove il profumo del fieno si
mescolava a quello del pane appena sfornato. Ma non mancavano botteghe
artigiane, negozi e osterie, che animavano la vita di questa piccola comunità. C'era anche la parte aristocratica del paese,
rappresentata dalle famiglie Niccoli, Ventura, Longo, oltre ai professionisti
come dottori, avvocati e notai, e non si può dimenticare il nostro amato prete
Don Alfredo.
Il paese, un piccolo
borgo dove tutti si conoscevano. Le case,
addossate le une alle altre, sembravano sussurrarsi segreti. Mi rimane
impresso l'odore pungente del fumo di legna che usciva dalle case o dai
magazzini durante le fredde sere d'inverno, mentre i bambini del paese giocavano
per le strade strette, rincorrendo un pallone di stracci o un vecchio cerchio metallico di
bicicletta.
Erano tempi in cui un
semplice saluto scambiato con un vicino bastava per sentirsi parte di una
grande famiglia.; ci conoscevamo quasi tutti, spesso tramite soprannomi. Per
esempio, c’erano i “Pitei” come mia nonna, e i cantinieri come “Ferdinannu
Curciu”, “Parmaneddra”, “Ntoni Trupianu”, “Giuanni Ciavuottu”, “Fravia”, “Miliu
Villella”, “Carminu Camarru”, “Arturu Piciaru” e molti altri. Poi, i macellai
come “Giuanni Piccarrobba” e “Furfaru”, e nelle vicinanze l’ortofrutta dei
“Cicconi”. Non dimentichiamo i sarti come “mastru Sestu”, dove anche io ero
apprendista fino all’età di quindici anni, “mastru Giuanni Passarella”, “mastru
Carru Spizzirri”, “mastru Pasquale” in via Cappuccini, “mastru Umbertu” in via
Canale, e così via.
Chi potrebbe
dimenticare il negozio di alimentari di "Cicciu Adamo", un punto di
riferimento per noi bambini desiderosi di quella delizia che si poteva trovare
solo nella sua bottega: la mortadella dal profumo unico e inconfondibile.
Ricordo ancora oggi quel celebre panino imbottito, preparato in modo da
sembrare un'opera d'arte; solo lui aveva quella maestria.
I negozi erano autentici luoghi d'incontro. Da Marasco, Spizzirri e Maletta si
trovava di tutto, dal sale al tabacco, fino ai più esclusivi prodotti
alimentari. Era come andare al mercato, ma con la praticità di avere tutto a
disposizione. Un altro negozio importante era quello di "Ntunia
Ciccadamu" sulla Via Canale (oggi Via Sirianni), che gestiva una
panetteria in competizione con un altro fornaio, il cui nome non ricordo, e
sulla stessa via si trovava anche l'Albergo Terina, diretto da
"Marecenza".
Arrivando a Nocera dal
vicino paese di San Mango d'Aquino, si notava un mulino accanto al fiume, oggi
abbandonato. Indimenticabile è il negozio di scarpe di "Ntoni
Macchione", che fungeva anche da calzolaio, e i bar del luogo, come quello
in piazza San Giovanni gestito da "Ortensio Ianni", il bar
"Messina", e quello di "Gesaru Trunzu", che era anche
fotografo del paese.
In piazza S. Giovanni,
oltre alla chiesa omonima, sorgeva la Chiesa di San Martino, presieduta dal
nostro parroco Don Alfredo. Ora la chiesa non è più in funzione ma serve come
spazio per mostre e attività durante eventi religiosi e culturali. La farmacia è
ancora presente, mentre la stazione di servizio è stata smantellata negli anni
a seguire.
Il cinema
"Graziani", aperto la domenica e nei giorni festivi, era il ritrovo
per noi giovani appassionati di film epici (come Maciste, Ursus, ecc.), che
oggi non sono più in programmazione. Gli artigiani locali erano maestri nel
loro mestiere, come mastru "Cicciu u Quadararu" in via San Francesco,
"mastru Giuanni u furgiaru", artista nella lavorazione del ferro, e
"mastru Brunu Spizzirri", esperto in falegnameria, tra gli altri. La
parte antica del paese, "La Motta", è situata nella valle, mentre in
cima al colle si trovano i "Cappuccini", dove si possono ancora
ammirare i resti dell'antico Convento dei Frati Francescani. Col tempo, il
paese si è esteso rapidamente oltre i suoi confini storici. Poco distante dal
centro, "Fangiano" era un tempo tappa obbligata per carrettieri e
lavoratori mattinieri.
Ricordo ancora l'emozione di assistere alla processione di
San Giovanni Battista. La banda musicale che marciava per le strade, i fuochi
d'artificio che illuminavano il cielo, il profumo dell'incenso che avvolgeva la
piazza: tutto contribuiva a creare un'atmosfera magica e indimenticabile. Mi
sentivo parte di qualcosa di più grande, legato indissolubilmente alla mia
comunità. Ricordo le serate di
cinema all'aperto in piazza, dove ognuno portava la propria sedia da casa per
assistere ai film. In seguito, le proiezioni e le performance della banda
musicale furono sostituite da orchestre e cantanti.
Le fiere, come quella
di San Giovanni e della Madonna del Carmine, erano momenti di incontro per
acquisti e scambio di bestiame, annualmente organizzate vicino al fiume Grande.
Indimenticabili i
matrimoni: all'uscita dalla Chiesa, amici e parenti degli sposi lanciavano
confetti, e noi bambini ci affrettavamo a raccoglierli. Successivamente, gli
sposi li gettano dal balcone di casa.
Ricordo anche le
campagne elettorali, con la piazza centrale gremita di gente. Le elezioni
amministrative erano dominate dalla Democrazia Cristiana e il sindaco per molti
anni fu il prof. Mario De Grazia, successivamente sostituito dal prof. Giuseppe
Mancini. Le campagne erano vivaci ma sempre democratiche e civili.
Questi sono i ricordi
di Nocera, dal 1949 al 1964, la storia del mio paese che ricordo con affetto.
Attilio Curcio